Pochi figli al Sud, la ricetta di Perna e Sem: “La pubblica amministrazione deve riassumere”

Antonino Perna

Tonino Perna si spoglia, almeno per un giorno, dei panni di assessore alla Cultura del Comune di Messina e indossa quelli di presidente di Sem, Sinistra euromediterranea. Nel mirino le politiche del Mezzogiorno operate dallo Stato. “L’Italia – denuncia insieme al portavoce di Sem, Luigi Pandolfi – si ricorda dell’esistenza del Sud una volta l’anno, quando il rapporto Svimez rende noti i dati del divario crescente con il resto del Paese. Quest’anno si denuncia il fatto che nel Mezzogiorno si fanno meno figli che nel resto del Paese a causa della crisi”.

Il duo Perna – Pandolfi ricorda come, paradossalmente, fino agli anni ’70 del secolo scorso, il problema fosse che i meridionali facevano troppi figli e per quello erano poveri: “Tutti si strappano le vesti, si indignano per la tremenda condizione giovanile, per la scandalosa assenza di occasioni di lavoro degno di questo nome, ma alla fine niente cambia. Siamo stufi di questi pianti da coccodrillo, pensiamo ad una risposta immediata ed urgente per dare un po’ di ossigeno alle nuove generazioni”.

Questa la ricetta proposta dai vertici di Sem: “La pubblica amministrazione deve tornare ad assumere nel Mezzogiorno, come nel resto del Paese. In questi ultimi 6 anni si sono persi oltre 400mila posti di lavoro nella pubblica amministrazione, in Italia, di cui 180mila nel Mezzogiorno. Mancano medici, insegnanti, assistenti sociali, perché il tourn over è fermo da troppo tempo. Nell’immediato questa è la sola risposta possibile al dramma della disoccupazione di massa che colpisce i giovani del nostro Sud. E’ da folli pensare che la questione possa essere affrontata con vecchie ricette liberiste (meno tasse alle imprese uguale più crescita) come sta facendo il governo Renzi”.

Perna e Pandolfi si appellano ai “recentissimi dati sulla competizione industriale forniti dalla Commissione europea”: “La crisi – dicono – ha incentivato il fenomeno delle delocalizzazioni produttive verso est (In Italia -20% di aziende manifatturiere e -25% di prodotto), con conseguente perdita di posti di lavoro. E non saranno misure palliative, su questo versante, a far recuperare al Paese il terreno perduto. Men che meno al Mezzogiorno – concludono – che, con ogni evidenza, non può essere messo in competizione con la Serbia e gli altri paesi dell’ex blocco socialista”.

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