Messinesità #adminchiam – il messinese è portoghese

di Simone Bertuccio – Ho già scritto un pezzo che riguarda Messina quando si trova ad aver a che fare con la pioggia, di quella forte, che non ti permette di fare nulla se non facendo perno su alcune abitudini che possono permetterti di vivere meglio. La pioggia ci attanaglia la mente, ci blocca, ci mette paura ma ci permette anche di reinventarci, di aggrapparci al nostro spirito di sopravvivenza, al nostro spirito di conservazione che ci spinge a parcheggiare, per esempio, proprio sul marciapiede adiacente all’ingresso dell’attività commerciale, o lavorativa, presso cui siamo diretti.

Ogni volta che piove, a Messina si assiste alla creazione di veri punti di raccolta automobilistici in cui, sempre in prossimità di importanti esercizi commerciali o lavorativi, si raggruppano auto in seconda, terza, quarta fila, lasciando invece poco distante da queste zone, il deserto.

La pioggia sembra acido citrico per il messinese che, per evitarla, da vita alla creazione di punti nevralgici di raccolta automobilistica.

Quanti cliché ci sono in questa frase? Quante volte ne abbiamo parlato? Tutto torna e non manca occasione affinché se ne abbia una effettiva corrispondenza.

tramOggi avevo deciso di parlare del “Tram che si blocca ogni volta che piove” ma significava mettere il dito nella piaga ed affrontare un discorso che, puntualmente ed anche giustamente, affrontano tutte le testate giornalistiche messinesi. D’altronde, sull’esatta realizzazione ingegneristica di questo importantissimo mezzo di trasporto, non c’è assolutamente bisogno di aspettare che diluvi, perché bastano piccole gocce per mettere in difficoltà tutto l’apparato tranviario. La pioggia mette in difficoltà un essere umano, potrebbe non mettere in difficoltà un mezzo di trasporto realizzato con innumerevoli difetti?

Vorrei parlarne, davvero. Anche in questo preciso istante mi sto trattenendo molto dal farlo ma non voglio perché poi mi dilungherei troppo. Posso solo dirvi che spesso, spessissimo, mi capita di imbattermi in quelle foto che ricordano la nostra splendida città vestita d’un abito meraviglioso cucitole addosso insieme ad un corredo fatto di ricami, gioielli e pietre preziose. Le guardo, queste foto, e le paragono alla situazione di adesso. Quanti di voi non lo fanno, in fondo? Probabilmente anche coloro che sistematicamente gettano carte a terra, fanno defecare i propri cani per strada, parcheggiano in ventesima fila, alla vista di queste foto si chiederebbe: “Accidenti quanto era bella Messina”.

La bellezza è soggettiva ma il giudizio che ne scaturisce attraverso il paragone tra ciò che è in decadenza e ciò che non lo è, un po’ meno.

Da qualche tempo utilizzo il tram e, si sa, vivere in mezzo alla gente è bello. È bello muoversi in mezzo alle persone, incuffiati ascoltando la propria musica, che tu stia alzato perché non hai trovato posto a sedere, o che tu stia seduto guardando fuori in attesa della tua fermata. La propria città si vive a piedi. Poi potranno anche farci dieci svincoli autostradali ma è attraverso gli infiniti segmenti cittadini che riesci a sentirti parte del luogo in cui vivi.

La parola “Città” in fondo deriva dal latino “Civitas” che deriva a sua volta dalla parola Civis, ossia “Cittadino”, appunto. Sì, lo so, ci sono i cattivi odori, un po’ di gente maleducata, ma non facciamo gli schifiltosi perché succede ovunque.

Tuttavia, come scrivo sempre, Messina dà tantissimi spunti per far parlare di sé. Spesso può capitare che l’ispirazione, circa l’argomento sui cui scrivere, tardi ad arrivare ma mai che si faccia attendere tanto. E non c’è miglior modo per un giornalista o aspirante tale che immergersi in mezzo alla comunità, stare sulla strada. Io il tram non ho iniziato a utilizzarlo per questo scopo anche perché sarebbe come cercare un qualunque cavillo per parlare male della mia città. Credo, invece, che la città trovi sempre i suoi modi per esprimersi e comunicare, bisbigliandotelo spesso,e basta solo avere lo sguardo attento, così come l’udito.

Prendendo il Tram capisci moltissime cose. Osservi la tua città come su un insieme di cartoline. Vedi le strade divelte, i binari del tram che, come delle importanti vene varicose, presuntuosamente fuoriescono dall’asfalto rendendosi pericolosi, la fontana di Piazza Cairoli in una condizione pietosa – non capirò mai perché fontane multi-centenarie continuino a funzionare secondo i loro originali criteri e altre, di moderna costruzione, arranchino vergognosamente –, auto che passano con il rosso bloccando l’incedere del mezzo pubblico proprio in prossimità dell’incrocio, insomma, ne vedi davvero tante ma le cartoline non sono sempre così brutte. Queste sono come delle macchie su delle vecchie Polaroid che nascondono la bellezza del soggetto o luogo fotografato.

Alla fine, come potete vedere, non sono riuscito a fermare il mio istinto e qualche parola sul Tram l’ho dovuta scrivere. Io infatti volevo parlare di chi, sul tram, ci viaggia.

È un mezzo utilizzatissimo, ultimamente efficiente anche per la frequenza delle corse offerte al pubblico ma è un servizio e come tale, che sia pubblico o privato, è giusto pagarlo per poterne usufruire.

Ma si sa, il messinese stupisce e probabilmente ha, intrinseco in sé, un concetto di perfezione quasi spirituale che lo spinge a non pagare in attesa di ottenere il meglio. Sinceramente non so però a cosa ambisca ma sta di fatto che, come spesso accade, il messinese il servizio non lo paga. Attenzione: premetto che, viaggiando in tram, vedo aumentato di molto il dispiego dei controllori e che comunque, il fatto che non si abbia il biglietto non è una faccenda solo messinese. Quello che mi colpisce è come si evolve l’esperienza di chi, non munito di biglietto, sfrutta il tram. Li vedi entrare, quasi mai da soli ma col compagno o con la compagna come se si stesse giocando a briscola, guardinghi. Si posizionano vicino all’uscita, proprio accanto all’obliteratrice. Quel che più mi colpisce è che ho visto una maggioranza di persone adulte, persone che dovrebbero più o meno avere rispetto per il lavoro altrui. Donne o uomini, non fa differenza, stanno lì, accettando d’avere il patema d’animo pur di non pagare il ticket. Ridono, sghignazzano, mormorano, anche con il controllore che, salito sul tram una fermata precedente, è già arrivato faticosamente in fondo a controllare un centinaio di persone, prima di riscendere e passare altrove. Lì vedo questi controllori: quando scendono dal tram, attendono di vedere che chi sale faccia il suo dovere obliterando il biglietto.

Nulla però può contrastare la poca civiltà, se non l’educazione e questa, insieme al rispetto per il lavoro, purtroppo manca. Ed è una cosa brutta da vedere, fastidiosissima.

Ne vedo giornalmente di queste situazioni e, rispetto alle discussioni che queste stesse persone affrontano sul tram, ho motivo di credere siano le stesse che se si lamentano per ogni cosa riguardi la propria città. È un discorso sempliciotto questo, forse fin troppo, ma credetemi che ogni cittadino che, onestamente, paga per avere un servizio e deve vedersi qualcuno frontalmente che fa di tutto per non pagarlo, la penserebbe così.

È un po’ come la faccenda dei venditori ambulanti: c’è chi ha un negozio in cui esercita la propria attività pagando un affitto e chi, esercitando la stessa professione, sfrutta indebitamente il suolo pubblico.

Io sinceramente non so quale possa essere la soluzione. Il pezzo di oggi vuole solo evidenziare il compiacimento che alcuni messinesi hanno nel farla franca. Questo pezzo è un fare la spia ma con un occhio di riguardo verso tutti quei lavoratori dei pubblici impieghi che ce la mettono tutta, perché ce ne sono, ma che si vedono sottratto il frutto del loro sacrificio dalle stesse persone che si lamenterebbero qualora venisse fatto loro, ai loro mariti, alle loro mogli.

Io nel frattempo lancio occhiatacce ma mi giro dal lato del finestrino osservando l’esterno, mi incuffio e metto un po’ di musica, ché la cartolina che c’è fuori è meglio.

 

 

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