Il faccendiere-banchiere Sergio Bommarito, la Fire, il cyberspionaggio e gli intrighi

di Gianfranco Pensavalli – Oltre ai pezzi da novanta della politica e dell’economia italiana, dall’ex premier Matteo Renzi fino al numero uno della Banca centrale europea Mario Draghi o al senatore Denis Verdini, il cyber massone Giulio Occhionero aveva tentato di infettare con il malware Eye pyramid anche un’azienda rilevante nel panorama economico italiano. Lo si legge nelle 47 pagine di ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Paola Tomaselli. Si tratta della Fire Spa, società di recupero crediti tra le più importanti e all’avanguardia in Italia.

Sergio Bommarito
Sergio Bommarito

L’azienda ha sede a Messina e, si legge sul sito, «offre i propri servizi e le proprie soluzioni di gestione e recupero crediti ad aziende leader nei seguenti settori: finanziario, bancario, utility, telecomunicazioni, commerciale, cessione del quinto, e alle pubbliche amministrazioni». E i clienti sono di rilievo, da Fiat Chrysler al gruppo Sole 24 Ore, da Paypal a Rcs, da Eni a Enel fino a Sorgenia di Carlo De Benedetti, per non parlare di Ford, Eon, Tim, Sky, Telecom, Wind o ancora Monte dei Paschi di Siena, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Deutsche Bank e CheBanca!, la private banking di Mediobanca.

occhioneroPerché l’attenzione di Occhionero si è spostata sui computer della Fire? Da quello che è emerso, i due “cyber fratelli” sarebbero stati in gravi difficoltà economiche dopo la chiusura delle società Westlands Securities Limited di Londra con collegamento con i più oscuri paradisi fiscali e societari del mondo, dal Delaware alle isole Turks & Caicos fino a Malta.
Non è chiaro però se l’azienda messinese sia stata bucata o abbia subito solo un tentativo di accesso. Del resto la cyber security della Fire è molto solida, fanno sapere dalla società, anche se nell’ordinanza di custodia cautelare i magistrati parlano di 12 computer compromessi. E il virus utilizzato possiede la funzione di “keylogger”. Quindi carpisce e trasmette al centro di comando e controllo tutte le chiavi di accesso informatico conservate nel sistema o utilizzate dal suo titolare nel corso di connessioni web. Mette in condizione l’hacker di accedere abusivamente a tutti gli account in possesso del titolare del sistema infettato dalle caselle di posta elettronica al cloud, passando per conti correnti online e profili social.
La Fire è parte lesa e sorprende che il nerd amante della matematica avesse cercato proprio di bucare e raccogliere informazioni nella sede di Messina. Poteva scoprire i nomi dei debitori più importanti per poi ricattarli? Poteva scoprire mosse di mercato tra le mail dei lavoratori? Del resto tramite una società di recupero crediti si può venire anche a conoscenza di condanne di pignoramento per una data società magari quotata.
In sostanza di certo la Fire spa era tra i bersagli più importanti e forse più raggiungibili, rispetto alle mail di Draghi o di altri imprenditori e politici. In fin dei conti in un’azienda è più semplice colpire nel mucchio facendo filtrare un malware che si autoinstalla a causa di un clic di troppo. Qualcuno può cadere nella trappola o qualche computer non aggiornato potrebbe essere più esposto ai pericoli.
Di certo c’è che il materiale trovato, se sarà mai accertato un accesso alle informazioni, sarebbe stato estremamente sensibile. Basti pensare alle migliaia di debitori che ci sono in Mps o in generale nelle banche italiane. Diversi con nomi di rilievo, come testimoniato dalla cronaca finanziaria degli ultimi tempi. Non solo. Se gli Occhionero si erano impegnati a mettere sotto controllo anche il cardinal Gianfranco Ravasi, allora avrebbero avuto molte più informazioni spiando proprio la Fire.
Perché la società è ben inserita nei meccanismi del Vaticano. Come i suoi componenti del consiglio di amministrazione. Oltre al fondatore e presidente Sergio Bommarito e all’amministratore ex Fiat e ora anche Fca Bank Claudio Manetti, sono almeno due dei tre consiglieri a spiccare e a condurre dritti a Malta e nella Santa sede. Il primo è il maltese Joseph Zahra: un passato da governatore della banca centrale di La Valletta, ma soprattutto vice coordinatore del Consiglio del Vaticano per l’economia istituito da papa Francesco e di cui facevano parte anche i “corvi” Francesca Immacolata Chaouki e monsignor Vallejo Balda finiti al centro dello scandalo “Vatileaks”.
francesco vermiglioIl secondo nome notevole nell’elenco dei consiglieri è il professor Francesco Vermiglio, messinese classe 1943, unico italiano chiamato da Bergoglio nel Consiglio Vaticano per l’economia e già consigliere di amministrazione del Banco di Sicilia e della Banca de La Valletta quando Zahra ne era direttore. Zahra, Vermiglio e de Frannsu sono tutti e tre nel Consiglio Vaticano per l’economia, e un’altra coincidenza fa ritrovare sotto il cappello di una società maltese, la Misco, Vermiglio, Zahra e il presidente dello Ior de Franssu.
In mezzo gli intrecci con la massoneria, che nella vicenda Occhionero torna più volte dirigendosi proprio verso Sicilia e Calabria. Il fratello di Francesco Vermiglio, Carlo, assessore nella giunta Crocetta, e già componente della Commissione tecnica per il conferimento delle funzioni di legittimità al Consiglio superiore della magistratura dal 2009 al 2012, ha candidamente ammesso di aver fatto parte della loggia la Ragione fino al 1988, prima di mettersi “in sonno”.
Un altro dei profili più interessanti emersi dalle carte dell’operazione che ha portato all’arresto degli Occhionero è quello di Gregorio Silvaggio, che non risulta indagato: per gli inquirenti pure lui massone in sonno dal 2005, ufficiale della Guardia di finanza e Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica Italiana dal 2 giugno del 2003. Oggi Silvaggio è responsabile dell’area sicurezza e tutela aziendale della zecca di Stato con una retribuzione annua di 100 mila euro.

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