TVE, CGIL come San Tommaso: ma adesso la stagione milionaria chi la paga?

di Palmira Mancuso – Da mesi su questo giornale forniamo dati che indicano chiaramente quello che oggi anche CGIL ha appurato dopo una trasferta palermitana nella quale la dirigente genera le del dipartimento Turismo Sport e Spettacolo (e non cultura, assessorato non competente per il teatro sebbene la presenza dell’assessore Notarianni alla presentazione della stagione aveva fatto pensare ai meno attenti) ha confermato che il FURS non sarà erogato, alla luce dei risultati delle ispezioni regionali.

Adesso la questione non è più se avevamo ragione dicendo che l’ex commissario Jervolino e il revisore Granata avevano fatto bene il proprio lavoro, piuttosto che eravamo preoccupati di come invece i vertici dell’Ente, da Fiorino a Bernava, continuassero a minimizzare o peggio a puntare il dito su chi voleva fare chiarezza. Senza dimenticare che anche la documentazione relativa al Furs è stata consegnata con un giorno di ritardo alla Regione, come lo stesso Jervolino sarebbe pronto a dimostrare. E che sullo sfondo ci sono anche le denunce dell’ex commissario alla Procura della corte dei conti e alla Guardia di Finanza, sulle alcune  allegre assunzioni a tempo determinato firmate dagli attuali vertici che nel frattempo hanno anche promesso avanzamenti di carriera a qualche dipendente.

I lettori più attenti, ricorderanno il nostro tentativo (già a settembre) di innescare un dibattito che fosse propedeutico ad evitare di ritrovarci, come adesso, una stagione milionaria sulle spalle, di scarsa qualità (balletti con cd gracchiante, come da saggio scolastico, piuttosto che versioni di Grease con repliche da 20 mila euro per un cast che ne vale forse 2mila), e che mette definitivamente a rischio la vita della più importante istituzione culturale cittadina.

Adesso si invocano i neoeletti all’Ars, ma la questione se fosse politica si sarebbe potuta anche risolvere. La questione è molto più banale. E’ amministrativa. E le responsabilità sono da ricercarsi in chi ha portato il teatro ad un debito così grave e  nemmeno ha provato a risanarlo, ritenendolo alla stregue di una “congiura”, tra il politico e il mediatico.

Rispondere piccati che la campagna abbonamenti sta andando bene, riferendosi solo ai numeri ma non agli incassi, rivela il modo sbagliato di voler affrontare i problemi: perchè circa 300 mila euro tra musica e prosa, a fronte di una stagione da oltre un milione di euro, vuol dire non essere all’altezza del ruolo o peggio in malafede.

Perchè a fare i simpatici con gli artisti sono bravi tutti, ma per leggere bilanci e fare programmazione dovrebbero valere competenze diverse (a meno di non essere personaggi di un tale spessore culturale da far valere il ruolo politico che trovi soluzioni politiche a crisi economiche).

Il vero problema resta la mancanza di un pubblico, che nessuna classe dirigente del teatro ha mai formato. E la svolta non è arrivata certo dall’amministrazione Accorinti, visti i risultati della presidenza Puglisi e ora di quella Fiorino, che sulla programmazione doveva imporsi, che facendo un’operazione verità avrebbe potuto coinvolgere veramente gli operatori culturali (senza relegarli al contentino della Laudamo).

nada“Questa notte a Milano ragazze e ragazzi anche giovanissimi hanno dormito all’addiaccio nei loro sacchi a pelo in attesa dei biglietti per la prima alla Scala”, si leggeva il 5 novembre in un post su facebook dove Nada Malanima commentava: “finché c’è cultura e sete di cultura, c’è speranza”.

E non pensate subito che il paragone con la Scala non regga. La sete di cultura vale ovunque, i piccoli teatri a Messina lo dimostrano con stagioni dignitose e partecipate. Il Conservatorio sforna professionisti e crea occasioni per farli conoscere alla città. Scuole di ballo vivono di numeri più che soddisfacenti per una città tutto sommato piccola.

Quindi, più in generale, diciamo che a Messina non manca la sete, è quello che vogliono farci bere che resta indigesto.

 

 

 

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