Vangelo Ora: …cosa sei disposto a perdere?

di Frà Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Marco In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»

Spesso mi trovo all’ospedale Gemelli a Roma per assistere un mio confratello che ha subito un trapianto al midollo. Qualche settimana fa mi disse con voce bassa e tono pacato: “Pè- così mi chiama- la grazia più grande che mi ha fatto il Signore è il dono della vocazione, il mio essere frate minore. Ora che non ho più nulla sto capendo ancora di più quanto è bello donarsi totalmente al Signore” poi rivolgendosi al Crocifisso di fronte a lui ha continuato: “Grazie, io ti dono tutto me stesso, come tu ti sei donato a me”.

Oggi rileggendo questo brano evangelico mi è venuto in mente questo episodio e ho davvero capito cosa significa donazione.

Noi consacrati pensiamo che donarci è semplicemente dire sì il giorno della professione religiosa o dell’ordinazione sacerdotale. No, non è così. Se non impariamo quotidianamente il breve corso di teologia della vedova di Zarepta e della vedova di Gerusalemme nel saper donare davvero tutto saremo donatori a metà, e le cose incomplete non fanno testo.

Non si fa niente per niente, è questo il modo di pensare che ci impedisce di dare gratuitamente non solo quello che abbiamo, ma quello che siamo. Il dono gratuito, cioè la donazione totale di noi stessi, presuppone la sofferenza profonda del perdere e del perdersi per gli altri: è un’offerta senza ritorno gratificante e immediato per noi stessi. Ma la forza salvifica di questo dono a fondo perduto prevede una ricompensa.

Quando ti fidi di Dio ti doni senza se e senza ma.

Gesù nella prima parte del brano raccomanda agli apostoli di guardarsi dagli scribi. Il motivo è semplice. L’amore che essi hanno per i vestiti costosi che li distinguono, per i primi seggi nelle sinagoghe (davanti a Dio) e per i primi posti nei banchetti (davanti agli uomini), significa che non amano Dio né inducono gli altri ad amarlo.

Spesso ci fermiamo alla forma e perdiamo di vista il vero motivo delle cose. Spesso quando vedo giovani sacerdoti perdere tempo nella ricerca morbosa di camici merlettati e di vesti liturgiche che richiamano una certa solennità o un tempo che fu, non riesco a non pensare a Don Tonino Bello quando asseriva che la vera veste liturgica è il grembiule che Gesù usò l’ultima cena quando chinandosi lavò e baciò i piedi agli apostoli. Quanti piedi da baciare ci stanno in giro!

Ci perdiamo a decorare la cornice e non focalizziamo l’uomo che è al centro del quadro.

La vedova del vangelo odierno ci richiama a vivere l’essenzialità della vita, una vita donata per qualcosa di grande. Ciò che mi sorprende è che solo Gesù nota la vedova avvicinarsi per donare tutto ciò che ha che poi è nulla, non serve a niente la sua offerta; non si può costruire un tempio con gli spiccioli di una povera vedova.

Molti erano i ricchi che gettavano tantissimo denaro, ma Gesù richiama l’attenzione dei discepoli su quella donna emarginata. “Il Vangelo ama l’economia della piccolezza: non è la quantità che conta, ma l’investimento di vita che metti in ciò che fai”

Noi cosa siamo disposti a perdere? Vedendo come stiamo vivendo, credo che non siamo disposti a perdere nulla.

Chi vive di parole vive di paura che genera odio, chi vive di Parola vive la vita e dona libertà.

Lo dico sempre: la fede è un rischio, si diventa grandi facendo piccoli gesti e non pensando cosa ricavi da ciò che fai, anche se appunto rischi di essere preso persino a pedate.

“Non avere paura di cadere ma voglia di volare… mi fido di te… e tu cosa sei disposto a perdere” (Jovanotti)

San Paolo diceva di reputare tutto spazzatura al fine di guadagnare Cristo.

Cosa siamo disposti a perdere per guadagnare Cristo?

Credo che la prima cosa da perdere sono le convinzioni razziste, sessiste, le paure, le insicurezze che questo mondo ci sta trasmettendo. Sono proprio queste che non ci fanno volare nell’armonia del cosmo, che ci impediscono di assaporare la libertà dei figli di Dio.

Non basta qualche piccola moneta davanti alla chiesa o al semaforo o qualche borsa della spesa per dirci veramente cristiani, il Signore vuole il tuo tempo, vuole il tuo cuore capace di amare come il Suo. Vuole che tu ami così come è capace di amare una mamma… senza riserve, senza pretendere, quello della mamma è un amore infinito.

Vuole che tu non respinga ma accolga, non odi ma ami senza pretendere nulla in cambio perché  prima o poi riceverai tanto… quando? Lo sa Lui, tu fidati.

 

 

 

 

 

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