Il pane dei poveri, dono per l’umanità calpestata

di Frà Giuseppe Maggiore – Quando ero novizio, conobbi Fra Mariano Di Mauro, ex ufficiale e comandante della caserma di Bocca di Falco a Palermo. Fu catturato dagli americani, messo in un campo di prigionia dove conobbe la fame e gli stenti. Dopo la guerra, conobbe i frati e decise di entrare nell’Ordine dei Frati Minori.

Gli anziani ricordano il detto “ogni convento pane e sacramento” per dire che il pane ai frati non è mai mancato e non l’hanno mai negato a nessuno. Quando ero a Favara, diverse persone anziane mi raccontavano di un certo fra Antonio, questuante, che ogni giorno alla stessa ora dava del pane a tantissimi bambini che sapendo l’abitudine santa del francescano si facevano trovare dietro il portone del convento.

Torniamo al nostro Fra Mariano. Dopo i pasti, noi novizi pulivamo i tavoli del refettorio, arrivati al posto dell’ ex ufficiale, nel suo cassetto trovavamo sempre del pane conservato nei tovaglioli di carta. Curiosi, abbiamo chiesto al superiore che senso avesse conservare il pane, data l’abbondanza. Ci disse che Fra Mariano aveva paura di rimanere senza, così come rimase senza tantissime volte nella sua vita. Storia differente quella di Fra Nicola Verga che durante la seconda guerra mondiale era già frate, non mangiò pane, perché quello che toccava a lui lo conservava per la mamma e la sorella.

Quando ero in missione in Marocco, un giorno uscì per comprare il pane, ero con l’auto, mi fermai per comprarne altro, quando tornai non trovai più il pane. Potrei continuare a raccontare diverse storie sulla preziosità del pane, come ognuno di noi potrebbe riportare episodi raccontati dai propri nonni o dalle persone anziane.

Ieri abbiamo assistito ad una scena deplorevole e vergognosa. Abbiamo assistito ad una lezione di rabbia, odio e paura che difficilmente sparirà dalla mente di quei trentatré bambini che hanno la colpa di essere rom.

I bambini, tutti i bambini, sono sensibili e fragili, chissà cosa è sorto in loro quando delle persone grandi, (solo per età) hanno bloccato alcuni uomini che stavano portando del pane agli ospiti del tanto discusso centro di accoglienza. Senza nessuno scrupolo hanno rovesciato la cesta del pane. Non contenti hanno fatto di peggio: lo hanno calpestato.

Ricordo che da bambino, quando cadeva il pane a terra, non si buttava ma si baciava e si mangiava. Persino le briciole andavano conservate per darle poi agli uccellini. Il pane è grazia di Dio!

A Torre Maura quel gesto di odio che ha spinto donne e uomini a calpestare il pane, non solo denota l’ignoranza di queste persone, ma è una palese irrisione della fame, una chiara bestemmia contro la Provvidenza. Questi difensori di Dio, che si battono per il crocifisso, per la famiglia, per la vita, calpestano il pane quotidiano che Dio stesso ci dona ascoltando la preghiera del Padre Nostro, tolgono il cibo a donne in gravidanza, a famiglie intere, e danno cattivo esempio ai bambini che hanno respirato violenza. Tutto questo in nome di un’ideologia, quella fascista, da sempre contro l’essere umano.

Il pane calpestato simboleggia tutto ciò che si sta abiurando: l’umanità, la cultura, i valori cristiani, l’accoglienza, la solidarietà…

La lezione di vita viene data ancora una volta da un ragazzino, che con spiccato accento romanesco e con coraggio affronta i fascisti, come il piccolo Davide affronta il grande Golia. Li affronta a viso aperto, senza timore, dicendo loro che in questo mondo, in questa città, nessuno deve essere lasciato solo e indietro.

“Si – ribatte il ragazzino al fascista che soffia sul fuoco – si, sono uno su cento a pensarla così, ma ci sono, te lo dico in faccia e lo urlo contro corrente.” Che l’uno diventi schiera e faccia arretrare fino alla fuga i vigliacchi.

Simone, rappresenta la speranza in tanto smarrimento.

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