Aumentano le morti in mare, “stop a blocco illegittimo delle navi di soccorso, applicare il diritto internazionale”

Nel giugno 2023, circa 600 persone hanno perso la vita nell’ennesimo naufragio evitabile al largo delle coste greche. Come società civile siamo sconvolti dalle morti prevenibili che si verificano ogni anno nel Mediterraneo centrale. Mentre ogni singola nave è urgentemente necessaria per prevenire la crescente perdita di vite umane sulla rotta migratoria più mortale del mondo, gli Stati membri dell’UE – Italia in testa – ostacolano attivamente gli sforzi di ricerca e soccorso civili.

Ad oggi Aurora, Open Arms e Sea-Eye 4, tre navi civili completamente equipaggiate per la ricerca e il soccorso (SAR), non possono operare in mare. I tre provvedimenti di fermo, emessi dalle autorità italiane in meno di 48 ore, si aggiungono alla significativa casistica di ostruzione amministrativa che le ONG SAR hanno dovuto affrontare quest’anno. Dall’inizio del 2023, ci sono stati otto casi di fermo di navi ONG in Italia. Alle navi civili di ricerca e soccorso Aurora, Geo Barents, Louise Michel, Mare*Go, Open Arms e Sea-Eye 4 è stato impedito di uscire in mare per 20 giorni, sulla base di regolamenti illegittimi. Sia Aurora che Sea-Eye 4 sono state trattenute per la seconda volta quest’anno. Questi fermi hanno tenuto lontane le navi delle ONG SAR per un totale di 160 giorni, nei quali avrebbero potuto essere impiegate per salvare persone da imbarcazioni in difficoltà e per prevenire i naufragi che si verificano quotidianamente nel Mediterraneo centrale.

L’accanimento amministrativo si basa su una recente legge [1] dello Stato membro dell’UE, l’Italia, che aumenta i requisiti per le navi delle ONG che svolgono attività di ricerca e soccorsoe introduce sanzioni in caso di inosservanza. Le nuove misure fanno parte di una lunga storia di criminalizzazione e ostruzione delle attività di ricerca e soccorso civili in Italia. Applicando la legge, le autorità italiane ordinano alle navi SAR di dirigersi verso un porto assegnato immediatamente dopo un soccorso – anche in situazioni in cui vi siano casi aperti di imbarcazioni in difficoltà nelle vicinanze della nave ONG. Ciò significa che la nuova legge nazionale fa pressione sui capitani della flotta civile affinché disobbediscano al diritto marittimo internazionale e all’obbligo di soccorso. Le autorità italiane stanno quindi di fatto limitando le operazioni di soccorso, in contrasto con l’obbligo legale internazionale di soccorso.

La legislazione è aggravata dalla prassi del Governo italiano di assegnare “porti lontani”, imponendo alle navi ONG di sbarcare le persone soccorse in porti distanti fino a 1.600 km e a 5 giorni di navigazione dal luogo del soccorso. Secondo il diritto internazionale, lo sbarco delle persone soccorse in un luogo sicuro dovrebbe avvenire “non appena ragionevolmente possibile”, con “la minima deviazione dal viaggio della nave” e il tempo che i soccorsi trascorrono a bordo dovrebbe essere ridotto al minimo [2]. Tuttavia dal dicembre 2022, in più di 60 casi le autorità italiane hanno assegnato alle navi ONG un porto eccessivamente e inutilmente distante. Inoltre, le autorità italiane hanno recentemente dato ripetutamente istruzioni alle navi delle ONG di richiedere un posto sicuro in Tunisia per le persone soccorse in mare. Con una grave mancanza di protezione per i richiedenti asilo e nel mezzo di un’ondata di violenza contro le popolazioni migranti, la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro. Sbarcare le persone soccorse sulle sue coste sarebbe una violazione del diritto internazionale.

Le ONG che non si sono conformate alle richieste illegittime delle autorità italiane sono state multate fino a 10.000 euro e le loro imbarcazioni sono state trattenute per 20 giorni. Tutte le ONG che svolgono attività di ricerca e soccorso in mare rischiano ora ulteriori multe e fermi. Secondo la legge italiana, il ripetersi di inadempienze porterà al sequestro delle imbarcazioni, con la conseguente cessazione definitiva delle attività.

La detenzione e il possibile sequestro delle navi delle ONG e l’assegnazione di porti lontani limitano le navi nelle loro operazioni di soccorso. Sappiamo dalle restrizioni imposte dal Governo greco alle ONG di ricerca e soccorso nel settembre 2021, che le ostruzioni striscianti che si verificano ora in Italia finiranno per ridurre il numero delle navi di soccorso civili attive e di conseguenza l’aumento di perdite di vite umane nel Mediterraneo.

Come organizzazioni non governative, associazioni e iniziative che si battono per l’accesso alla protezione e al rispetto dei diritti fondamentali delle persone in movimento, siamo stati testimoni della micidiale politica di chiusura e deterrenza dell’UE. Questa politica non porta ad un minor numero di persone che cercano di attraversare, ma a maggior sofferenza e morte. Mentre l’Italia – sostenuta dalla maggioranza silenziosa degli Stati membri dell’UE – ha messo in atto queste misure restrittive, il numero di naufragi mortali è aumentato drammaticamente, rendendo l’anno 2023 già uno dei più letali degli ultimi anni. L’aumento dei naufragi rende ancora più evidente l’urgenza di ulteriori mezzi per la ricerca e soccorso.

Pertanto lanciamo un appello urgente all’UE e ai suoi Stati membri: se l’ostruzione dell’assistenza umanitaria in mare continua, potremmo assistere entro la fine dell’anno ad una drastica riduzione o addirittura all’assenza di navi di soccorso civile in mare. Le conseguenze saranno ancora più letali, poiché la grave limitazione degli sforzi di soccorso civile non fermerà i tentativi di attraversamento delle persone.Chiediamo quindi all’UE e ai suoi Stati membri di agire con urgenza e di fermare il blocco illegittimo delle navi del soccorso civile in Italia. Tutte le navi SAR devono essere rilasciate immediatamente e le multe previste dalla legge devono essere annullate.La legge italiana che limita le attività di ricerca e soccorso delle ONG nel Mediterraneo centrale deve essere revocata immediatamente e al suo posto deve essere applicato il diritto marittimo internazionale e l’osservazione dei diritti umani come quadro di riferimento per tutti gli attori in mare. La Commissione europea deve contrastare la crescente violazione dei principi fondamentali dello Stato di diritto da parte dei suoi Stati membri alle frontiere esterne dell’UE. Inoltre, gli Stati dell’UE devono creare corridoi legali e sicuri per evitare che le persone siano costrette ad imbarcarsi su navi non idonee alla traversata.

[1] Decreto legge n. 1/2023, modificato dalla legge n. 15 del 24 febbraio 2023.

[2] Emendamenti del 2004 alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio in mare (1979), risoluzione MSC.155(78) dell’IMO, 3.1.9; risoluzione MSC.167(78) dell’IMO, 2004, 6.8.

ONG FIRMATARIE DELL’APPELLO

Frist signatories:

CompassCollective

EMERGENCY

iuventa-crew

Louise Michel

Maldusa

MARE*GO – Zusammenland gUG

Médecins Sans Frontières

MEDITERRANEA Saving Humans

Mission Lifeline

Open Arms

ResQ – People Saving People

RESQSHIP

r42-SailAndRescue

Sea-Eye e. V.

Sea-Punks

Sea-Watch e.V.

SMH – Salvamento Marítimo Humanitario

SOS Humanity

SOS Mediterranee

 

Second signatories:

United4Rescue

Alarm Phone

borderline-europe

PRO ASYL

Statewatch
Seebrücke

Human Rights at Sea

Lighthouse Relief

aditus foundation

I Have Rights.

La Cimade

Channel Info Project from l’Auberge des Migrants

Progetto Mem.Med

LasciateCIEntrare

Melitea

Convenzione per i diritti nel Mediterraneo

Abolish Frontex Roma

Stop Border Violence

Asmara’s World

Gisti (Groupe d’information et de soutien des immigré·e·s)

Seebrücke Frankfurt am Main

Pasaje Seguro Cantabria

Medici del Mondo

Alarme Phone Sahara

Are You Syrious?

migration-control.Info Projekt

Lungo la Rotta Balcanica

Migreurop

ASGI Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione

Ärzte der Welt e.V. / Médecins du Monde Germany

#LeaveNoOneBehind

Europasilo

Associazione Don Vincenzo Matrangolo E.T.S.

MoCi A.p.s.

Recosol (Rete delle comunità solidali)

Boza Fii ( Benn Kaddu – Benn Yoon )

Europe Must Act

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