Politica: nello scontro tra Renzi e De Luca i limiti del leaderismo

Quanto accaduto in queste ore nello scontro tra Cateno De Luca e Matteo Renzi, che ha portato al passaggio di Dafne Musolino in Italia Viva, è la dimostrazione di quanto siano fragili i partiti costruiti solo sulla figura del leader.

Esercitare la democrazia interna in un partito è la cosa più difficile, tanto che negli ultimi anni i partiti che fanno congressi per scegliere la propria classe dirigente si contano sulle dita di una mano.

Abbiamo visto le fragilità del terzo polo, in balia degli umori e delle strategie dell’uomo al comando, mentre probabilmente la base, i territori, avrebbero necessità di una stabilità nell’area che si vuole definire riformista e liberale.

Certamente il passaggio di Dafne Musolino in Italia Viva è un ulteriore segnale della volontà di Renzi di guardare ad un centro sempre più spostato a destra, nei metodi e nelle personalità che esprime, mentre la rabbia di Cateno De Luca palesa un metodo di raccolta del consenso basato sulla capacità economica di “raccogliere” preferenze, per cui la classe dirigente è solo quella “più vicina” al leader, con il rischio di “tradimento” comune tra persone incapaci di governare il dissenso o di rispettare un pensiero di minoranza.

Chissà se la Sicilia riesca prima o poi ad esprimere una politica nuova, lontana dagli isterismi, dai personalismi e dall’ossessione per un passato “democristiano” che ora sembra stregare anche molti giovani che non trovano altri spazi o credono che il successo elettorale sia solo una questione di public relations.

Il modello De Luca, poi,  resta paternalista e illiberale. E  con uno sguardo al prossimo appuntamento elettorale di Monza, che sarà comunque un termomentro politico, le candidature di Cappato, Galliani e De Luca mostrano chiaramente tre diversi modelli di consenso elettorale: quello che si fonda sull’opinione, sulle battaglie di chi rispetta le Istituzioni e lotta per i diritti di tutti, quella di chi crede che un posto al Parlamentoi sia più che altro uno status quo da ereditare, quella di chi crede che il denaro può costruire carriere politiche e assicurare persino la fedeltà.

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