
Cateno De Luca, leader di Sud Chiama Nord, si presenta come il paladino della trasparenza e dell’innovazione politica. Eppure, dietro la facciata di legalità e “auto-finanziamento”, si cela un sistema che ricorda da vicino le peggiori pratiche del clientelismo italiano. La cronaca degli ultimi giorni parla chiaro: dirigenti, amministratori, imprenditori e professionisti che, dopo aver generosamente donato al partito, si ritrovano magicamente investiti di incarichi pubblici o ruoli di vertice nelle società partecipate del Comune di Messina.
Basta scorrere l’elenco dei donatori per trovare nomi come Salvo Puccio, direttore generale del Comune, con oltre 30.000 euro versati, o Maria Grazia Interdonato, presidente di MessinaServizi, con più di 12.000 euro di contributi. E la lista continua, tra sindaci, consiglieri e imprenditori, tutti accomunati da una generosità sospetta e da una sorprendente fortuna nel ricevere incarichi pubblici.
Questa “catena di Sant’Antonio” del finanziamento politico, pur essendo formalmente legittima, solleva interrogativi profondi sull’etica e sulla reale autonomia delle scelte amministrative. Il rischio è quello di un sistema in cui il merito lascia il posto alla fedeltà economica, e la trasparenza si riduce a un mero esercizio di pubblicazione di dati, senza alcuna reale garanzia di imparzialità.
Di fronte alle accuse, De Luca si rifugia nella retorica della persecuzione politica e annuncia l’ennesima conferenza stampa per “svelare i retroscena” e minacciare azioni legali. Parla di “mascariamento”: un termine talmente abusato da avere ormai perso quel senso antico di una sicilianità di cui certamente vorremmo fare a meno. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti: la politica del portafoglio, dove chi paga ottiene, e chi non paga resta fuori. Un modello che non ha nulla di rivoluzionario, ma che anzi riporta la Sicilia indietro di decenni, nel solco di una tradizione che pensavamo di aver superato.
In un Paese che ha urgente bisogno di trasparenza e meritocrazia, il caso De Luca rappresenta l’ennesima occasione mancata. E la domanda resta: quanto ancora dovremo tollerare che la politica si trasformi in un bancomat per pochi privilegiati?
Il sistema, definito di “auto-finanziamento”, prevede che chiunque riceva un incarico o una nomina debba contribuire economicamente al partito, con cifre anche significative e tutte tracciate e pubblicate sul sito ufficiale, come previsto dalla legge.
Ecco diversi casi concreti che illustrano la dinamica tra finanziamenti al partito Sud Chiama Nord e incarichi pubblici o ruoli in società partecipate. Di seguito alcuni esempi documentati:
Donatori con incarichi pubblici
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Salvo Puccio: attuale direttore generale del Comune di Messina, ha donato al partito quasi 2.000 euro in pochi giorni, oltre a circa 30.000 euro tra ottobre 2023 e gennaio 2024.
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Federico Basile: sindaco di Messina, ha contribuito con oltre 3.200 euro, a cui si aggiungono 15.000 euro donati nell’ottobre 2023.
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Ciccio Cipolla: consigliere comunale, ha donato 10.000 euro (più altri 200 euro successivamente).
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Maria Grazia Interdonato: presidente di MessinaServizi Bene Comune, ha donato 10.000 euro a gennaio 2024 e oltre 12.000 euro in totale.
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Rossana Carrubba: segretaria generale del Comune e della Città Metropolitana di Messina, risulta tra i sostenitori del movimento con donazioni effettuate nel 2022 e 2023.
Altri casi rilevanti
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Daniele e Nunziatina di Cavolo e Giovanni Sgroi: hanno donato 10.000 euro ciascuno.
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Pippo Lombardo: deputato regionale, ha donato 10.000 euro.
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Aziende e professionisti: oltre ai politici e dirigenti, anche diverse aziende locali hanno effettuato donazioni, spesso di importi superiori ai 10.000 euro, e in alcuni casi sono risultate poi beneficiarie di appalti o incarichi pubblici
Il caso ha riacceso il dibattito sulla trasparenza e sull’opportunità dei finanziamenti ai partiti, soprattutto quando coinvolgono soggetti che beneficiano di incarichi pubblici. Se da un lato la legge consente donazioni e impone la pubblicazione dei dati, dall’altro la coincidenza tra finanziatori e beneficiari di nomine alimenta sospetti di possibili conflitti d’interesse e di un sistema di “ricompensa” politica. La questione, già sollevata in passato, oggi si ripropone con forza, anche per le tensioni interne al centrodestra e per la posizione critica di una parte di Forza Italia, che vede in questa pratica un ostacolo a possibili alleanze future.
In risposta alle accuse e agli articoli pubblicati, in particolare da Gazzetta del Sud, Cateno De Luca ha annunciato sui social una conferenza stampa per domani, durante la quale promette di chiarire la posizione del partito, comunicare le azioni legali intraprese e svelare quelli che definisce “retroscena” di una manovra più ampia contro di lui. De Luca, insieme ai vertici del partito, intende difendere la trasparenza del sistema di finanziamento e respingere ogni accusa di conflitto d’interessi, rilanciando l’idea che si tratti di un attacco politico orchestrato dai suoi avversari.
In sintesi, la vicenda mette in luce le ambiguità e le criticità del rapporto tra finanziamenti privati, incarichi pubblici e gestione della cosa pubblica, sollevando interrogativi che vanno oltre la mera legittimità formale e toccano il cuore dell’etica politica.