33° anniversario della strage di Via d’Amelio: per Paolo Borsellino memoria, impegno e nuove piste d’indagine

Oggi, 19 luglio 2025, l’Italia si ferma per commemorare il 33° anniversario della strage di Via D’Amelio, un evento che ha segnato indelebilmente la storia repubblicana e la coscienza collettiva del Paese. In quel tragico pomeriggio del 19 luglio 1992, la mafia assassinò il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Si salvò soltanto uno degli uomini della scorta, Antonio Vullo.

A Palermo le celebrazioni sono, come sempre, intense e profondamente partecipate.  Senza dimenticare la forte vicinanza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ricordato come quella strage abbia “impresso un segno indelebile nella storia italiana”, elogiando la “passione e dedizione verso lo Stato” di Borsellino e dei suoi colleghi. Anche la Premier Giorgia Meloni ha sottolineato l’importanza di non arrendersi mai all’illegalità e di mantenere vivo il lascito di dignità e coraggio offerto dal magistrato e dalla sua scorta.

Non sono mancati i riferimenti all’impegno concreto che le istituzioni, dalla scuola alle amministrazioni locali, devono continuare a garantire per combattere la mafia e sostenere la legalità fin dai banchi di scuola.

Nonostante decenni di processi e condanne a carico dei boss mafiosi e loro affiliati, la verità piena sulla strage di Via D’Amelio resta ancora da comporre. Perdura nella memoria pubblica l’enigma dell’“agenda rossa” scomparsa e il ruolo di possibili mandanti occulti, mai pienamente identificati.

La Procura di Caltanissetta, tuttora titolare delle indagini, continua a seguire vecchie e nuove piste, scandagliando quei “punti da chiarire” che a distanza di 33 anni alimentano l’esigenza di giustizia delle vittime e del Paese. La commissione parlamentare antimafia, sotto la guida di Chiara Colosimo, ha avviato ulteriori audizioni esplorando nuove interpretazioni e ascoltando i familiari di Borsellino oltre che protagonisti come il generale Mario Mori, già coinvolto nell’inchiesta di Stato-mafia.

Rimane attuale la denuncia su depistaggi e errori giudiziari che hanno rallentato e ostacolato il raggiungimento della piena verità, tanto che alcuni poliziotti sono stati processati per favoreggiamento e depistaggio delle indagini originarie, con alcuni casi conclusi solo per prescrizione.

Il sacrificio di Paolo Borsellino e della sua scorta continua a essere un potente richiamo alla responsabilità e all’impegno quotidiano contro ogni forma di mafia, omertà e criminalità. La memoria – sottolineano anche quest’anno collettività e istituzioni – non è un semplice atto rituale, ma un dovere morale, una chiamata ad agire per una società giusta, libera e fedele ai valori costituzionali.

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