Suicidio al carcere di Barcellona pg: disposta l’autopsia sul detenuto indiano trovato impiccato

Domani è prevista l’autopsia sul corpo dell’uomo di 48 anni, indiano, trovato impiccato nel bagno della cella del sesto reparto del carcere di Barcellona lo scorso 25 agosto. L’esame, disposto dal sostituto procuratore Luca Gorgone e affidato al dottore Letterio Visalli, dovrà stabilire le cause della morte. È il terzo suicidio rilevato nel giro di sei mesi, e ripropone con urgenza il tema delle condizioni della struttura, della sicurezza e dell’assistenza psicologica per i detenuti nell’ex ospedale psichiatrico.
Secondo le prime ricostruzioni, il suicidio si è verificato in assenza di segnali immediati derubricabili: la dinamica, le ore e la presenza di compagni di cella saranno oggetto di verifica da parte della procura. A chiedere che si faccia chiarezza sulle dinamiche della morte è anche la famiglia, tre figli e la moglie, assistita dall’avvocato Giuseppe Serafino.
Il carcere di Barcellona è un edificio storico, inaugurato nel 1925 e attualmente in fase di trasformazione da ospedale psichiatrico giudiziario a istituto penitenziario. Una struttura dove negli ultimi sei mesi si sono registrati tre suicidi. Troppi. Tanto che a fare un appello al Ministero della Giustizia è stato il procuratore di Barcellona, Giuseppe Verzera, che ha sollecitato risposte rapide sul potenziamento dei servizi sanitari e su interventi strutturali.
Il caso riapre il dibattito sul bilanciamento tra sicurezza e dignità umana, e sull’allineamento alle norme europee sul trattamento dei detenuti in una regione, quella siciliana, che da aprile non nomina un garante per i detenuti.

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