Ponte sullo Stretto, rischio infiltrazioni mafiose: Piantedosi invoca inflessibilità dopo lo scivolone di Salvini

si alza l’allerta sui possibili tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nei futuri lavori. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha chiarito la posizione del governo al Festival dell’Economia di Trento: “Blindare il Ponte sullo Stretto di Messina da interessi criminali”. Il ministro ha sottolineato l’importanza di essere “assolutamente inflessibile rispetto alla possibile intromissione di circuiti criminali nella realizzazione dei lavori”, vista l’imponenza dell’opera. Una dichiarazione che serve a scrivere l’ultima parola dopo la polemica esplosa tra il ministro Salvini e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella  che pochi giorni fa ha escluso da un nuovo decreto una misura che accentrava nel Ministero dell’Interno la supervisione sulla legalità degli appalti.

Le preoccupazioni non sono infondate, come rivelato da una recente inchiesta del quotidiano La Stampa, a firma di Riccardo Arena e Giuseppe Legato. Secondo l’articolo, Cosa Nostra e ‘ndrangheta starebbero già muovendosi per accaparrarsi vantaggi dall’imponente infrastruttura. I boss avrebbero avviato l’incetta di terreni strategici per lo stoccaggio dei materiali e la creazione di società “pulite” per aggiudicarsi subappalti miliardari.

L’esistenza di queste indagini è emersa in un contesto inatteso: un’inchiesta della procura di Caltanissetta sul depistaggio della strage Borsellino. Durante le intercettazioni dell’ex superpoliziotto Gianni De Gennaro, attuale presidente di Eurolink (il general contractor dell’opera), è emerso un incontro con un procuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia. Sebbene i dettagli siano ancora sotto stretto riserbo, l’episodio ha portato a indagini convergenti da parte di ben cinque procure italiane (Catanzaro, Catania, Messina, Reggio Calabria e Milano), tutte focalizzate sui presunti appetiti criminali attorno al Ponte.

Le intercettazioni avrebbero registrato un “allarmante movimentismo” dei gruppi criminali nell’apertura di società ad hoc, schermate da prestanome, con l’obiettivo di accedere ai futuri subappalti. Un esempio citato dall’inchiesta riguarda due imprenditori messinesi con trascorsi giudiziari che si sarebbero interessati all’acquisto di un capannone in una “zona strategica rispetto ai cantieri” sul versante siciliano. Sebbene l’accordo non si sia concretizzato e la società Webuild (socio forte di Eurolink) abbia ridimensionato il ruolo del dipendente coinvolto, il caso evidenzia l’attenzione delle organizzazioni criminali.

Il legame tra mafia e l’idea del Ponte non è una novità. L’articolo de La Stampa ricorda che la mafia ne parla da decenni. Viene citata una delle più sanguinose guerre di mafia a Reggio Calabria (1986-1991), scoppiata proprio per le mire sui terreni di Villa San Giovanni. Inoltre, l’inchiesta “Brooklyn” di circa 15 anni fa ipotizzò un sistema di riciclaggio di proventi illeciti da parte di una famiglia mafiosa canadese, con l’intento di reinvestire nel Ponte attraverso la riscossione dei pedaggi.

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