
di Palmira Mancuso – Anche chi ha criticato Calenda in passato, come chi scrive, riconosce oggi che su certi temi la sua analisi è corretta e necessaria. Nel recente scontro con Renato Schifani, Calenda non ha detto di voler “cancellare” la Sicilia, come spesso alcune frasi vengono strumentalizzate, bensì si è concentrato su una questione ben precisa e di grande rilievo: l’abolizione di pratiche politiche anacronistiche e dannose, come il voto segreto nel Parlamento siciliano.
Questa non è una critica superficiale, ma un punto cruciale che riguarda la trasparenza e la democrazia. La Sicilia è infatti l’unica regione al mondo il cui Parlamento continua a utilizzare il voto segreto, uno strumento che troppo spesso serve a mascherare accordi sottobanco e a bloccare la responsabilità pubblica dei deputati. Un voto che, invece di garantire l’autonomia, finisce per alimentare logiche clientelari, senza permettere ai cittadini di sapere chi vota cosa.
Questa pratica ha conseguenze concrete e paradossali: è possibile che personaggi usciti sconfitti dalle urne, come il caso recente di Genovese, vengano in realtà “promossi” a posizioni di potere come quella alla guida dell’AST, un’azienda strategica per il territorio. Su questi aspetti, Calenda ha ragione a voler mettere mano a un sistema che continua a perpetuare dinamiche feudali, lontane dalle esigenze di trasparenza e legalità.
Da queste considerazioni nasce una proposta politica che non può essere liquidata come una provocazione: abolire il voto segreto in Sicilia significa dare un segnale forte a chi ancora pensa che la politica sia un gioco tra poteri nascosti. È un appello a riformare strutture e prassi che hanno impedito per troppo tempo un vero rinnovamento, a dare ai siciliani diritto di sapere e potere di giudicare i loro rappresentanti.
Ismaele La Vardera, ad esempio, con Controcorrente si è pubblicamente dichiarato pronto a sostenere una proposta di abolizione del voto segreto in Parlamento regionale: un piccolo, ma significativo passo verso una Sicilia più trasparente e moderna. Un passo che le forze di opposizione dovrebbero compiere con uno sforzo unitario.
Non si tratta di cancellare la Sicilia, ma di liberarla da modalità politiche che le impediscono di crescere. Riconoscere questo significa aprire una nuova fase di confronto e azione, lontane da strumentalizzazioni e semplificazioni, possono davvero contribuire a una svolta.