LA PELLE DEL SERPENTE: UN TESTO INTENSO, MA LA MESSA IN SCENA NON CONVINCE

 

La Pelle del Serpente ripercorre gli ultimi giorni di vita dello scrittore Curzio Malaparte. Ma il percorso di cui si dipanano i fili non è quello della fredda e rigida cronologia degli avvenimenti, una cronaca che peraltro sarebbe inutile e vacua, bensì di quel percorso psicologico, o forse onirico, che questo personaggio morente deve fare per riuscire ad affrontare la morte.

Il testo è buono e, finalmente, davvero teatrale: a scriverlo è Nicola Calì, che nello spettacolo è anche interprete e regista.

Nella storia l’ospedale diviene lo specchio di quello che è davvero: un campo di battaglia dove la Vita, rappresentata dalle infermiere in bianco, e la Morte, Calì che interpreta un infermiere “particolare” e vestito di nero, si danno battaglia. Ma è una battaglia impari, la Morte prima o poi arriva. Ricorda, questa storia, la canzone di Roberto Vecchioni, Samarcanda, dove la Nera Mietitrice, si camuffa e si nasconde, ma si presenta sempre puntuale.

Purtroppo la messa in scena è deprimente: c’è un minimo di professionalità e di decenza tecnica che persino i laboratori teatrali dei licei sanno di dover mantenere. Le musiche sono spesso fuori contesto e dimenticate. Ci pensa poi il tecnico del suono a dare il meglio di sè pasticciando a più non posso col mixer e troncandole di netto senza sfumarle, togliendole nei momenti sbagliati per poi correggersi rimettendole improvvisamente e facendo, in generale, un uso improprio del volume. Stessa storia per le luci, pur se con minor impatto.

Poi c’è Nicola Calì, che come interprete ha talmente calcato la mano sulla naturalezza e sull’indifferenza che, più che i requisiti della Morte stessa, sembravano i suoi personali modi di fare dopo i postumi di una sbornia. Il linguaggio teatrale è un’altra cosa, non lo ripeterò mai abbastanza.

Ma la ciliegina sulla torta l’hanno messa il trio di infermiere che, col carisma attoriale di un cipresso, ci hanno deliziato canticchiando canzoni del Trio Lescano e sballettando con la coordinazione e la sintonia di un bimbo ai suoi primi passi.

A interpretare Curzio Malaparte c’è Giovanni Boncoddo. Ora, tutti a Messina sono a conoscenza della tragedia personale da lui vissuta, e a me non piace quando si usano tali problemi per obbligare lo spettatore ad una maggiore magnanimità verso lo spettacolo. E’ stato quindi di cattivo gusto ricordarci il suo coma alla fine della messa in scena.

Così come pessima la scelta di mettergli un suggeritore personale, peraltro davvero poco capace. Oltre a sbagliare le battute (terribile il momento in cui Calì ha risposto direttamente a quello dicendogli “già detto”), il bisbigliare era oltremodo fastidioso per il pubblico stesso: non sarebbe stato meglio metterlo direttamente in scena rendendolo direttamente un personaggio? Una sorta di ombra, di forma consistente degli stessi pensieri dello scrittore , una forma così dominante da provocargli incubi, stati allucinatori, e pensieri? Sarebbe stata una giustificazione più professionale e meno triste.

Altra cosa di poco gusto far fare al signor Boncoddo chilometri per uscire di scena per poi farlo uscire subito, percorrendo altri chilometri per tornare al punto dov’era prima, solo per i saluti finali. A tentare di coprire l’imbarazzo del momento, le tre infermiere che improvvisavano un balletto sgangherato con evidente imbarazzo loro e del pubblico. Avrebbero ben potuto, dopo il buio, rimanere tutti in scena per fare un semplice e decoroso inchino, senza peraltro restare in scena ore elemosinando applausi ad un pubblico che già da tempo avrebbe volentieri smesso di applaudire.

L’unica cosa degna di nota è stata l’interpretazione del ragazzo che faceva l’assistente del dottore (difficile capire quale sia il suo nome visto che oltre a Nicola Calì e Boncoddo non si trova una sola foto correlata di nome degli altri due interpreti): una sorta di “Aigor” viscido e grottesco, l’unico personaggio davvvero in linea con il genere dello spettacolo.

Il resto davvero non regge nemmeno i parametri di uno spettacolo di natale fatto dalle scuole elementari.

(RE CARLO)

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it