Messina – Libera, Addiopizzo e Arci: “Le mafie non vanno in quarantena”

“Occorre fare piena luce sui fatti legati al funerale di Rosario Sparacio, fratello di Luigi.
Si accertino i fatti, e, a partire dalla ricostruzione della vicenda, si individuino le
responsabilità penali e/o amministrative che possano averla determinata. Tali fatti offrono
all’intera comunità messinese, non soltanto alle organizzazioni impegnate nel contrasto
alle mafie, l’occasione per avviare una riflessione su presenza e stereotipi legati al
“controllo” del territorio”. Così in una nota dichiarano Tiziana Tracuzzi, Enrico Pistorino, Santo Gringeri, responsabili rispettivamente del Presidio Libera Comitato AddioPizzo Messina, ARCI Messina APS
Appare evidente, per i riscontri che arrivano da più parti nel nostro paese, specie
dove le mafie sono fortemente radicate, che le emergenze sanitaria e socio-economica
non frenano le organizzazioni criminali. Il crescente disagio sociale offre spazi di azione e
di rafforzamento del consenso a cui la criminalità organizzata non intende assolutamente
rinunciare, specie nel Mezzogiorno e in Sicilia.
La gravità di quanto accaduto a Messina travalica il fatto in sé e deve determinare un
innalzamento delle soglie di attenzione e di percezione della complessità della presenza
criminale e mafiosa, che devono interpellare, ciascuno per i propri compiti e funzioni – la
politica e l’amministrazione, le forze dell’ordine e la magistratura, i sindacati e le
organizzazioni datoriali, e insieme tutto il mondo del volontariato e del terzo settore.
Non vogliamo approfondire, in questa sede, stereotipi e modalità attraverso i quali le
azioni di “prossimità” delle mafie favoriscono la crescita del consenso sociale di intere
comunità, ma appare evidente che le immense disponibilità economiche dei clan possano
offrire loro la possibilità di mettere in campo quello che molti definiscono “welfare
criminale”.
Anche sull’uso dei termini, come ricordato nei giorni scorsi da Enza Rando,
vicepresidente di Libera, occore fare attenzione e riflettere. “Non chiamiamolo welfare –
dichiara la Rando – non crea benessere”.



Occorre vigilare in primo luogo perché, ad esempio, partendo da una semplice borsa
della spesa, il fenomeno dell’usura su individui, famiglie, piccole realtà commerciali, può
ulteriormente svilupparsi o radicarsi, determinando un assoggettamento diretto alle mafie
di intere porzioni del nostro territorio. Alle persone e alle imprese serve liquidità e le
organizzazioni criminali possono certamente concederla, strozzando però pezzi importanti
della comunità.
Per questi motivi, occorre tenere accessi i riflettori che in tanti hanno puntato solo
sulla vicenda del funerale di Sparacio, per comprendere come mafie e organizzazioni
criminali si sono già riadattate al contesto sociale rapidamente modificato dal Coronavirus.

Tutte le componenti della società messinese devono fare la propria parte senza
ambiguità o margini di compromissione. In questa logica, ribadiamo con forza la necessità
di attivare tutti gli strumenti previsti, e in massima parte inattuati, del “Regolamento Comunale sulle Politiche Antimafia”, approvato con una Delibera del Consiglio Comunale oltre due anni e mezzo fa, nel novembre del 2017. Uno su tutti, l’Osservatorio Comunale, l’organo che attraverso la partecipazione dell’Amministrazione attiva, del Consiglio Comunale e delle associazioni, offrirebbe la possibilità di immaginare misure e interventi, dopo un’attenta lettura del fenomeno.
Di fronte alle azioni e alle rappresentazioni di mafie e criminalità, bisogna, senza
infingimenti o timidezze, contrapporre interventi di prevenzione e iniziative che affrontino le
diseguaglianze sociali in una grande alleanza tra amministrazioni locali e organizzazioni
sociali”.



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