Mileti assolta in appello per la morte di Attilio Manca: “Il fatto non sussiste”

La terza sezione penale della corte d’appello di Roma ha assolto, “perché il fatto non sussiste“, Monica Mileti, la donna coinvolta a Viterbo nell’inchiesta sulla morte di Attilio Manca, l’urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) che, secondo alcuni pentiti di mafia, operò alla prostata in Francia l’allora boss latitante Bernardo Provenzano.

Mileti fu condannata in abbreviato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per la cessione dell’eroina che avrebbe ucciso Manca per overdose il 12 febbraio del 2004 nella sua casa a Viterbo mentre fu prosciolta, per avvenuta prescrizione, dall’accusa di morte come conseguenza di altro reato.

L’avvocato Cesare Placanica, difensore dell’imputata, si è sempre battuto per l’assoluzione della sua assistita: “Era rimasta schiacciata in una storia nella quale non c’entrava niente. Aspettiamo le motivazioni della sentenza”, ha commentato il penalista. “La decisione di oggi della corte d’appello ha sconfessato l’ipotesi della procura di Viterbo, non ci sono elementi per dire che ci sia stata la cessione dello stupefacente”, ha invece sottolineato l’avvocato Fabio Repici, che rappresenta la famiglia Manca, che non era stata ammessa come parte civile nel processo. I genitori da sempre sono convinti che Attilio sia stato assassinato.

Monica Mileti non diede droghe ad Attilio Manca: la signora è stata assolta oggi a Roma in Corte d’appello perché il fatto non sussiste. Cade la falsa pista della droga nel caso della morte del medico urologo, professionista stimato e promettente, certamente estraneo all’uso degli stupefacenti”. Lo afferma Giulia Sarti, deputata M5S della commissione Giustizia della Camera, che oggi assieme all’avvocato della famiglia Manca, Fabio Repici, ha assistito all’ udienza in corte d’appello.

Giulia Sarti aveva presentato nel 2018, nella commissione Antimafia guidata da Rosy Bindi, una relazione di minoranza nella quale “sosteneva l’inconsistenza della ipotesi della morte causata dall’uso di droghe, rafforzata di recente dalle clamorose rivelazioni dell’avvocato di Monica Mileti, Cesare Placanica, il quale ha ammesso che la procura di Viterbo e il pm Petroselli hanno fatto pressioni sulla sua cliente costringendola a confessare di aver dato droga ad Attilio”.

Da lungo tempo impegnata in una battaglia di verità sulla morte dell’urologo barcellonese, Sarti – in una nota – ricorda che “la battaglia per la verità sulla morte di Attilio Manca è tutta aperta. A quasi diciassette anni, non abbiamo una ricostruzione attendibile su quello che oggi è il caso di iniziare a chiamare con il termine corretto: omicidio. Le circostanze sulla sua tragica morte sono importanti e delicate. Infatti, secondo ben sette collaboratori di giustizia, Attilio fu ucciso dopo essere stato costretto ad intervenire nelle cure del boss Bernardo Provenzano, malato di tumore alla prostata. Nella scorsa legislatura – spiega Sarti – avviammo un lavoro nella commissione Antimafia che va sicuramente continuato: nella relazione di minoranza depositata, elencai tutti i punti critici e le gravi omissioni dell’inchiesta viterbese. Oggi la corte d’appello di Roma ha confermato la correttezza di quella relazione di minoranza, almeno nella parte in cui si esclude la cessione di droga come causa della morte. Attilio Manca non si è suicidato né è morto a causa di stupefacenti: è una vittima di mafia. Nel rispetto della memoria, dell’impegno incessante dei suoi genitori, Angela e Gino, e di suo fratello Gianluca, e non da ultimo della verità dei fatti, dobbiamo fare luce sulla sua tragica scomparsa, sui suoi responsabili e sul contesto mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto”, conclude Sarti. (AGI)

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