VERONA, MAGIE IN CAMPO MA VERGOGNA SUGLI SPALTI. GARCIA CALA IL SETTEBELLO

La passione per il gioco del calcio, si sa, costituisce uno dei fattori più aggreganti dell’italico Stivale, al punto da originare talvolta fenomeni particolari. Stadio “San Paolo”: in campo si affrontano Napoli e Livorno, ma la curva B gioca un’altra partita, quella della solidarietà ultras. Recentemente le curve di Milan e Inter erano state chiuse per stendardi e cori – razzisti, secondo il Giudice Sportivo – nei confronti dei napoletani. La risposta dei tifosi organizzati partenopei? L’intonazione degli “stornelli” suddetti (auto schernendosi) e l’esposizione dello striscione “Napoli colera. E adesso chiudeteci la curva”. Per la serie siamo sulla stessa barca, sono soltanto sfottò. Presa di posizione sicuramente opinabile (perché magari alle falde del Vesuvio qualcuno si sarà sentito realmente offeso), ma comunque da valutare in tutti i suoi risvolti.

Se anche le curve più ostili si compattano tra loro in nome della “libertà del tifo”, lo stesso non avviene al cospetto di vicende ben più dolorose. Il minuto di raccoglimento è da sempre un qualcosa di simbolico, per alcuni una vuota consuetudine, per la maggioranza una piccola attenzione rivolta a qualcuno che non c’è più. Ad ogni modo, l’atteggiamento di quei tifosi veronesi, che – presenti al “Dall’Ara” di Bologna – hanno ben pensato di squarciare il silenzio con un ironico canto funebre, offende non solo la memoria delle povere vittime del disastro di Lampedusa, ma anche la coscienza di una Nazione intera, che deve continuare a fare i conti con devianze purtroppo ben radicate, nella tifoseria scaligera (non nuova ad iniziative poco decorose) e non solo. Senza voler sforare nel banale, va evidenziato come la natura umana, purtroppo, si connoti anche di sfaccettature incomprensibili. Eppure basterebbe una veloce ricerca sul web, o guardare un telegiornale, per prendere quanto meno atto (immedesimarsi sarebbe chiedere troppo, forse) della realtà e delle verità più ovvie, ad esempio del fatto che davanti a 2, 3, 185, 360 morti disperate, di qualsiasi colore, non dovrebbe esserci spazio per sentimenti diversi dalla pietà, con fortissime sfumature di rabbia e tristezza. Evidentemente quegli uomini, quelle donne, quei papà, quelle mamme e quei bambini che hanno perso la vita nel canale di Sicilia nulla avevano a che vedere con i coristi assiepati ieri sugli spalti dello stadio felsineo, indegni esponenti della città veneta resa celebre da William Shakespeare.

Per una volta si è ritenuto di dare spazio, nel corpo di questa rubrica, a considerazioni che nulla hanno a che vedere con il calcio giocato, ma oggi ci è parso doveroso evidenziare questi aspetti piuttosto che dilungarci oltre modo sulla disamina di quanto avvenuto, nel weekend appena archiviato, sui campi del nostro massimo campionato.

Venendo adesso all’analisi della settima giornata, chi aspettava la Roma al varco nerazzurro è rimasto deluso: ostacolo bypassato con una facilità disarmante già nei primi 45 minuti, grazie alla doppietta del trentasettenne più forte del mondo, Francesco Totti, e all’ennesima zampata di Florenzi, uno che al Mondiale ci andrà di corsa, si spera. Rudi Garcia cala il settebello sul tavolo dell’Inter e alla ripresa aspetta la visita (si giocherà comunque nella Capitale, a quanto pare) dell’altra nuova primadonna delle panchine nostrane, quel Rafa Benitez che col suo Napoli resta in scia della battistrada servendo un poker ai labronici  nonostante l’assenza di Higuain.

Anche la Juventus, appaiata agli azzurri a quota 19, riesce a tenere la ruota dei giallorossi. I bianconeri contro il Milan non incantano ma riescono comunque a portare a casa i tre punti, sebbene il gol di Muntari (stavolta talmente buono che poi il ghanese ha pensato di concedere il bis) dopo una trentina di secondi avesse subito scompaginato i piani degli uomini di Antonio Conte, tecnico che – siamo costretti a ripeterci – dovrà lavorare parecchio sulla concentrazione, perché i suoi allievi ultimamente hanno la distrazione facile.

Ha vinto sostanzialmente la noia invece nell’altro posticipo domenicale, che ha visto Lazio e Fiorentina chiudere a reti bianche un match davvero avaro di emozioni.

Spartizione della posta in palio anche per le due genovesi, che in extremis riescono a portare a casa la pagnotta grazie ad un rigore e ad un’autorete. La classifica continua comunque a languire sotto la Lanterna, soprattutto sponda Samp, anche perché il Genoa l’allenatore l’ha già cambiato: a Delio Rossi non resta che incrociare le dita in attesa di tempi migliori.

Nelle altre partite, successi importanti per Udinese e Atalanta, che si affacciano nella prima metà della graduatoria dopo aver sbrogliato, rispettivamente, le matasse Cagliari e Chievo.

Chiudiamo lo screening percorrendo la via Emilia, dove ai sorrisi del Parma, per la rocambolesca vittoria maturata in inferiorità numerica contro il Sassuolo, fanno da contraltare i volti cupi in casa Bologna, susseguenti alla mazzata rimediata a domicilio dal Verona di Toni e Iturbe.

Già, il Verona, la splendida rivelazione di questo inizio di stagione che meriterebbe ultras un tantinello più terùn, o per lo meno in grado di non violare il minuto di silenzio intonando beffardamente quell’ Io credo, risorgerò, questo mio corpo vedrà il Salvator  tratto dal noto canto che risuona nei funerali cristiani di tutta Italia.

(JODY COLLETTI)

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