Vangelo Ora: rimanere in Dio per portare frutto

di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Giovanni 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Mi viene da iniziare questa riflessione della V Domenica del tempo Pasquale parafrasando una frase di Alberto Sordi nel Film “Il Marchese del Grillo” : «Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete niente!».

Questo mio iniziare una riflessione biblica potrebbe risultare blasfemo, in maniera particolare a quella frangia di “osservanti” che solo per il fatto che calcano i gradini della chiesa si sentono già proiettati agli onori dell’altare.

Purtroppo la frase pronunciata da Sordi anche se non sfiora le nostre labbra forse per pudore, passa spesso per le vie della mente e forse anche dal cuore. Quante volte nel dire chi siamo iniziamo ad autoincensarci, autocelebrarci, tessendo le nostre lodi e le nostre prodezze senza pensare che se abbiamo fatto del bene è solo merito di Colui che ci ha dato dei doni, dei carismi che servono non soltanto per la nostra gratificazione, ma soprattutto per l’edificazione dei fratelli e del mondo che mi circonda ?

“Io Sono” è una forma di rivelazione che richiama il nome di Dio Salvatore, affermando  la pienezza divina che Gesù si rivela.

Il suo Essere è per gli altri non per se stesso. Io sono il Pane, la Luce, la Via, la Verità, la Vita, la Porta, il Pastore… Io Sono la vera Vite! E aggiunge altri tratti qualificanti: la “vigna” l’ha piantata il Padre, che è “agricoltore”.

La cosa che dovrebbe farci saltare di gioia è che nell’affermare ciò che Lui E’ non esclude proprio nessuno “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.”

Questa è un’affermazione che va ribadita più che mai, nel clima di autosufficienza e di auto giustificazione in cui siamo immersi.

Ma ci rendiamo conto che vogliamo camminare senza il vero Pastore bello che è Cristo, che ci stiamo sradicando dai valori del Vangelo, dal Magistero della Chiesa vera Sposa di Cristo? Siamo in piena crisi d’identità.

Nella nostra vita manca la vera linfa che viene dalla Parola di Dio. Rifiutando le nostre radici cristiane ci stiamo  imborghesendo, secolarizzando, tutto è lecito e tutto è normale.

Ed è proprio quando questa visione secolarizzata dell’uomo e della storia sfocia nel “secolarismo” che, negati i valori della trascendenza e della rivelazione, si perdono il “senso di Dio” e dei rapporti con lui, e il “senso del peccato” come dimensione verticale di offesa a Dio.

Orami è un diritto avere due madri o due padri, è un diritto affittare l’utero o vivere con una persona dello stesso sesso, come sono un diritto l’aborto, il divorzio, l’eutanasia ecc.

Mi chiedo e vi chiedo è giusto che dei genitori vedano morire il proprio figlio di 23 mesi solo perché dei medici applicando delle leggi disumane hanno deciso di staccare la spina?  I genitori hanno fatto di tutto per salvare la vita del proprio figlio rivolgendosi allo Stato Italiano e al Papa, tutto vano perché la durezza del cuore dell’uomo spesso non ha limiti. Che tutto questo sia stato negato a un bambino offende l’umanità, umilia il diritto, calpesta l’etica medica, invoca a gran voce quella giustizia che i tribunali umani hanno pervicacemente negato, e che ora gli è donata con sovrabbondanza nell’abbraccio del Padre ricco di misericordia e di amore per ogni suo figlio, e in particolare per i bambini che soffrono e muoiono per mano altrui.

In modo silente e sistematico assistiamo sempre più un distacco dagli insegnamenti della Sacra Scrittura, e da una morale naturale a favore di una ideologia che non solo penetra in certi ambienti, ma purtroppo prende  piede nelle strutture pubbliche e istituzionali.

Possiamo essere anche d’accordo che lo Stato faccia alcune scelte senza però offendere la dignità dell’uomo, ma è compito nostro gridare a squarcia gola “RITORNATE AL SIGNORE” perché senza di Lui siamo dei tralci secchi.

Nella nostra esistenza ci sono delle potature, alcune sono quelle che ci auto produciamo altre ci sono riservate dalla vita stessa, sicuramente ci aiutano a crescere umanamente e cristianamente.

Urge tornare al Signore, ricomporci in tralci, innestati nella “vite” per il fluire della linfa vitale, è indispensabile per la riscoperta della dignità della singola vocazione e missione che ci è stata affidata come singoli, come Chiesa e come Società Civile.

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