PONTE SULLO STRETTO: NON SI REALIZZERA’, MA E’ STATA BATTAGLIA; LE OPINIONI DI TUTTI

 

Ieri, 22 gennaio, l’Ars si è riunita per votare la posizione del governo Crocetta circa la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. 

La riunione in Sala D’Ercole è stata aperta e presieduta dal deputato Pogliano Salvatore (PdL verso PPE) che probabilmente si aspettava una seduta infuocata. Infatti è stato un vero e proprio scontro di idee e fazioni. Sostanzialmente due le parti: quella a favore dell’opera con a capo il PdL , e quella contraria capitanata da PD e M5S. Dopo il respingimento dell’iniziale richiesta di Santi Formica (PdL) di rinviare il voto in attesa di un vuoto nell’agenda del presidente Crocetta, la cui presenza non è necessaria in assemblea, si è aperto un scontro a colpi incrociati che si è concluso con la defezione di quasi tutto il PdL uscito dall’aula prima del voto. Le motivazioni di entrambe le parti si possono riassumere tramite le parole dei deputati che più hanno alzato la voce in consiglio. 

Per il PdL abbiamo Marco Falcone, impegnato a sostenere per minuti interi che “il ponte è un’opera fondamentale”, e Nino Germanà che, sviluppando la precedente considerazione del collega, ha esposto l’opinione del centrodestra circa l’importanza reale dell’opera: “mentre gli altri stati a noi vicini si stanno organizzando con il progetto Ferrmed, per attrarre i flussi di merci che entrano dal canale di Suez e che porterebbero ricchezza e lavoro, noi resteremmo indietro. Ma ci consoleremo col fatto che gli uccelli migratori e i delfini non avranno cambiato le loro rotte”. 

Le “posizioni ambientaliste” sono state presentate dall’opposizione pidiellina come le responsabili di questo sonoro “no” ad un’opera colossale che, come detto da Germanà, avrebbe reso concorrenziale l’economia Italiana. In realtà la situazione è presentata diversamente dalle parti “no ponte” dell’Ars. Le loro mozioni sono leggibili persino nel commento facebook di uno dei più agguerriti sostenitori del gruppo ( e primo firmatario), Fabrizio Ferrandelli: “ Oggi metto il punto sulla battaglia di una vita! Ricordo quando appena ventenne mi trasferii a Messina con Giorgio Schultze per mettere su il primo coordinamento No ponte con il movimento umanista. Avevamo giá allora una visione strategica differente di sviluppo: autostrade del mare, ferrovie, aerei, sistemi integrati.”

E’ proprio questa l’idea che ieri ha realmente avuto la meglio sul progetto ponte: i “sistemi integrati”. 

Secondo il PD ed il M5S, il Ponte sarebbe stato di utilità soltanto nazionale ma non regionale: per realizzare il Ponte si sarebbero spesi miliardi di euro che avrebbero bloccato invece la crescita dei trasporti regionali, da anni in situazione di arretratezza rispetto il centro nord. Forse (in caso di puntualità nei lavori) il ponte sarebbe stato utile per il trasporto di merci dai paesi del Nord Africa e del Medio Oriente (dallo stretto di Suez e non solo), ma le ferrovie monobinario, le reti autostradali in dissesto, la mancanza di frequenti collegamenti pubblici (fortunatamente esistono i privati) tra i principali aeroporti e le province, la continua minaccia di Trenitalia di tagliare le tratte dirette col resto del paese, avrebbero conosciuto altri peggioramenti per l’assenza di fondi utili a scongiurare disagi sempre maggiori. 

La disputa quindi non è stata, leggendo le dichiarazioni di entrambe le parti, soltanto “sì al ponte per l’economia” e “no al ponte per i cetacei”; le obiezioni ambientaliste hanno avuto un proprio spazio, ma principale argomentazione della parte vincente è stata l’esigenza di investire fondi nella creazione di una migliore rete di trasporti interna , oggi quasi inesistente se si va a confrontare la Sicilia con regioni come la Lombardia e/o il Lazio. 

Guardiamo ai numeri: per la tratta ferroviaria Messina-Palermo si va da un minimo di 2,43 ore ad un massimo di 4,15 con ritardi continui e treni che vengono soppressi. A ben guardare i soli 224 km di distanza tra le due città sarebbe vantaggioso ricoprirli in auto; ma si incontra in questo caso la A20, una delle autostrade meno comode (e con una percentuale altissima di incidenti mortali) dell’intera nazione. Vi sono tratti in cui si invitano i viaggiatori a non superare i 50, molte sono le deviazioni dovute a continui lavori in corso, e vi sono appena due corsie per marcia (come fosse una strada provinciale del centronord) che in molti casi diventano una sola perché alcune gallerie sono frequentemente chiuse per rischio crolli (vedasi precedenti casi approdati in cronaca nazionale); in quest’ultimo caso le auto in marcia vengono addirittura deviate sul tratto opposto, dove non solo diventa impossibile sorpassare mezzi lenti ma si formano vere e proprie code da esodo estivo che angosciano pendolari in quotidiano viaggio per lavoro. Infine il manto è sconnesso costringendo a bruschi rallentamenti anche in tratti dove in teoria si potrebbe proseguire velocemente. 

E se per la costa ionica, verso Catania, i collegamenti ferroviari sono più veloci  (ma le corse saltano più spesso), l’autostrada sembra addirittura meno comoda del tratto via paesi. 
I Messinesi sono infine considerati “fortunati” dagli Agrigentini o dai Nisseni le cui città sono collegate anche peggio. 
Insomma basta dare un’occhiata alla stessa rete ferroviaria nazionale disegnata sul sito di Trenitalia per avere un‘idea più chiara: man mano che si risale lo stivale l’immagine sembra restituire un disegno capillare simile ad un organismo in salute, mentre la Sicilia ha due sottili linee secondarie lungo le fasce tirrenica ed ionica e nulla al centro. 

In definitiva ieri lo scontro è stato soprattutto su una questione decennale: E’ realmente fondamentale per la popolazione siciliana la costruzione di un ponte ultratecnologico in una regione con tratti ferroviari monobinario ed autostrade dissestate? O piuttosto questa sarebbe soltanto un’opera utile al veloce trasporto di merci in un paese dove le “frecce” (rossa, bianca, argento …) sono una realtà destinata a restare sogno per la sua regione più grande? 

Il ponte secondo il PD ed il M5S sarebbe stata una sorta di meridionale TAV e nulla più, utile più all’economia che alla popolazione di un’intera regione finita in coda nei piani turistici degli italiani convinti di dover affrontare viaggi infernali per raggiungerne i centri vacanza; una terra che in vicinanza delle festività vede l’angoscia di molti suoi emigranti alle prese col dubbio di non trovare un biglietto sui pochissimi treni utili a portarli a casa dalle famiglie; il tutto mentre decine di frecciarossa non prospettano simili ansie a chi abitando da Napoli in su può davvero viaggiare come ci si attende in un paese sviluppato. Ed a chi obietta che il Nord è sempre stato più all’avanguardia c’è chi risponde che per simili treni si sono investiti soldi pubblici senza che la Sicilia ne abbia potuto trarre giovamento.

Questi, dunque, i “sistemi integrati” per i quali si è detto no al ponte: migliori e nuove linee ferroviarie, collegamenti aeroportuali più organizzati ed agevoli, autostrade sicure, e traghetti pubblici piccoli ma veloci e meno inquinanti (come quelli del Nord Europa) per chi deve ogni giorno attraversare lo Stretto di Messina o raggiungere le isole minori. 

Due adesso le nuove sfide per la maggioranza Ars: riuscire realmente a realizzare un degno sistema di viabilità interna in tempi celeri e monitorando eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, e contrattare per ridurre (se possibile) la mora da pagare per la cancellazione del progetto.  Secondo il deputato Germanà si tratta di “un miliardo di euro su due stanziati”, ma proprio in queste ore è giunta la notizia che il presidente dell’Ars Ardizzone ritiene necessaria la convocazione di una commissione di studio e di indagine sulle eventuali penali a carico della Regione, la cui portata è ancora tutta da vedersi. 

L’unica certezza resta dunque la decisione contraria al progetto, secondo quanto espresso nel comunicato ufficiale che dichiara la Regione Sicilia favorevole “a porre in essere tutte le iniziative volte alla revoca in via definitiva del progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e alla contestuale destinazione delle somme ad infrastrutture che valorizzino il territorio siciliano e che siano volano per lo sviluppo e la sostenibilità del nostro territorio”. Perché secondo l’Ars si deve pensare ad incrementare il turismo, la vivibilità e lo sviluppo dell’economia interna siciliana, cose che, a detta della stessa maggioranza il ponte non soltanto non avrebbe favorito, ma avrebbe addirittura frenato. (CARMEN MERLINO)

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