ATTILIO MANCA, IL FRATELLO CHE TUTTI AVREMMO VOLUTO AVERE, CHE TUTTI ABBIAMO

Angelina, Gino, Gianluca, grazie. Grazie per averci insegnato la tenacia, andate avanti, andiamo avanti, questa è la strada giusta”. Le parole di Don Marcello Cozzi, vicepresidente di Libera, hanno accompagnato chi ha partecipato alla Celebrazione Eucaristica per il decimo anniversario della morte di Attilio Manca, rendendo più leggeri i passi del piccolo corteo che dalla Chiesa di Santa Maria Assunta ha raggiunto quella sconsacrata di San Vito.

Due luoghi di preghiera e di incontro per testimoniare che dieci anni di sofferenza e tenacia, lacrime e silenzi, sorrisi e abbracci, rabbia e amore, hanno portato alla luce una verità che pur se non è ancora scritta nelle carte processuali, appare chiara e condivisa.

I depistaggi e le bugie sulla morte dell’urologo barcellonese sono la conferma del metodo mafioso che ha bisogno di uccidere anche dopo la morte, cercando di infangare e sminuire le vittime, di condannare alla solitudine sociale i parenti: ma oggi “pazzo” è chi non comprende che far luce sulla morte di Attilio Manca non è più la battaglia di una famiglia ma di un’intera società civile.

Dieci anni fa non c’erano sindaci accanto ai Manca. Non c’erano istituzioni. Non c’erano i barcellonesi. Oggi Maria Teresa Collica, Sonia Alfano, Renato Accorinti, che in questi dieci anni non hanno mai fatto mancare il sostegno alla famiglia di Attilio, non erano li a rappresentare solo se stessi, ma le comunità e le istituzioni di cui sono espressione. Il loro abbraccio è quello dei molti giovani e meno giovani che hanno cercato e stanno sperimentando il cambiamento, che ancora hanno remore a partecipare agli eventi pubblici perché i genitori non vogliono (ce lo hanno confermato sottovoce anche ieri a Barcellona), ma che si sentono partecipi e aspettano  il loro momento. Per altri giovani invece quel tempo è arrivato, come per Francesco D’uva, deputato al Parlamento con il barcellonese  Alessio Villarosa  (che in Aula ha dedicato un intervento in occasione del decennale dell’uccisione di Attilio ) con cui condivide l’esperienza politica del M5S, e che era tra il pubblico a testimoniare anche quella vicinanza.

Così, sebbene il libro del giornalista Luciano Mirone “Un suicidio di Mafia” è un testo importantissimo e contribuirà a fornire dettagli anche alla difesa processuale sostenuta in aula dal neo avvocato Antonio Ingroia e dal coraggioso legale messinese Fabio Repici, ci sembra doveroso fermare la nostra attenzione su un piccolo contributo video. Nulla di particolarmente straordinario sul piano artistico, ma assolutamente importante per la qualità del messaggio e perché a realizzarlo sono stati dei giovani barcellonesi, che si interrogano e interrogano i loro coetanei e non solo. “E se Attilio fosse tuo fratello?” “Parla con Luca, parla con sua madre e con suo padre” invita l’autore Giorgio Speciale, “prova a pensare” al ripetersi di 365 giorni, tutti uguali, per dieci lunghi anni.

Lasciamo Barcellona Pozzo di Gotto con molta speranza e la certezza che il dovere della verità “non può essere delegato alla sola magistratura” (per citare Ingroia) ma necessita anche di giornalisti, politici, gente comune. Fare chiarezza sulla morte di Attilio Manca non è “questione familiare”, è scrivere la storia  dei  rapporti tra quello Stato che ha fatto patti con la mafia, ad esempio proteggendo le latitanze di Provenzano e Santapaola, e approfondire il ruolo strategico della città del Longano nella mappa del potere, delle connivenze e delle omissioni che hanno reso possibili insabbiamenti e silenzi su tanti omicidi di mafia, dalla piccola Graziella Campagna, al giornalista Beppe Alfano, da Peppino Impastato ad Attilio Manca. Tutti con delle famiglie, delle madri, delle figlie, che hanno deciso di non stancarsi, di non cedere alla fatica di rimbalzare sui muri di gomma.

Lo strapotere della vecchia classe dirigente barcellonese non è evaporato, ma è molto indebolito perché a stancarsi è stata la gente. Le nuove generazioni non la vogliono quell’etichetta di “seconda Corleone” con cui molta stampa definisce la città, “non perché dobbiamo dire che la mafia non esiste – sottolinea accorata il sindaco Collica – ma perché i barcellonesi sono stanchi di subire questa infamia e prova ne è l’ultimo documento firmato da associazioni, commercianti e parte della Chiesa per dire no all’approvazione del piano particolareggiato per il centro commerciale. Quando le battaglie sono condivise, tutti sono, siamo più forti”.

La signora Angela ha parlato pochissimo, ma tutti gli sguardi erano per lei e lei silenziosamente ha risposto a tutti. La madre di Attilio, una donna siciliana, capace di quella tenerezza infinita che non è stata distrutta dal dolore, di quel coraggio della condivisione dell’intimità umiliata.

E’ per lei l’ultimo abbraccio, per quelle foto che nessuno avrebbe dovuto vedere e che sono state un necessario tributo per raggiungere anche i “santommaso”, quelli che adesso non possono più ignorare.  (@palmira.mancuso)

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